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  • Parco

Giardini di Villa Seghetti Panichi

Colli Del Tronto , Marche

Il complesso, conosciuto anche con la denominazione di “Villa Odoardi Seghetti”, sorge in prossimità di Castel di Lama sul crinale collinare che, nella bassa vallata del Tronto, guarda la sponda sinistra del fiume e il tracciato storico della via Salaria.
Nel XVIII secolo, inglobando i resti della fortificazione precedente, Odoardo Odoardi fece realizzare la villa, che però all’epoca ancora non possedeva un giardino. Verso la fine del secolo successivo, Vincenzo Carfratelli Seghetti acquistòla villa e fece realizzare il giardino, tra il 1875 e i 1890, affidandolo a un personaggio di spicco nell’ambito europeo: il grande paesaggista tedesco Ludwig Winter.
Il parco è testimonianza del suo grande amore per i palmizi. Si può ammirare un raro esemplare di Jubaea spectabilis, numerose Phoenix canariensis e Ph. dactilifera, Heritea armata dal color blu argento, monumentali Washingtonia filifera, Chamaerops humilis e gruppi di Yucca gloriosa e Cordyline australis.
Il parco si segnala come il primo giardino storico italiano
con rilevamenti di vaste aree bioenergetiche. I rilevamenti di elettromagnetismo sono durati due anni. Camminando in una piacevole cornice naturale e sostando in luoghi calmi e rasserenanti, si può usufruire di un percorso che suggerisce al visitatore una verifica concreta dei particolari effetti benefici generati dalle varie specie di piante. Alcune sono tipiche del paesaggio marchigiano, per esempio faggi rossi e querce. Altre, soprattutto attorno al morbido laghetto, sono orientali: dorati Ginkgo biloba, Prunus rosa del Giappone che, primi a fiorire, sono messaggeri della primavera, un leggero Taxodium disticum ed una Sophora japonica ‘Pendula’. Nello specchio d’acqua inoltre vivono ninfee e fiori di loto bianchi.
Sul retro, in mezzo ad un laghetto, si erge una delicata statua di travertino settecentesca raffigurante Venere e Amore che si cingono la mano.
Come in ogni giardino di Winter, infine, anche qui esiste un piccolo angolo dedicato alla meditazione: il “romitorio”, luogo che offre pace e interiorizzazione a ciascun visitatore.

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  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Palazzo Paradisi – Chiesa di San Pietro e Belvedere

Montalto Delle Marche , Marche

La maestosa struttura che si erge sopra la piazza centrale è l’antico Castello della Rocca, costituito dalla storica Porta Marina, dall’edificio principale e dalla chiesa di S. Pietro. Il libro Il Libro d’Oro della Città di Montalto identifica Gianfrancesco Paradisi come capostipite della famiglia, nell’ambito dell’aristocrazia di Montalto ed è elencato negli Statuti Comunali del 1586. In realtà, la famiglia Paradisi vive a Montalto da tempo immemorabile. Nel 1461 Menicuccio (Domenico) Paradisi è citato nei conti comunali. L’attigua chiesa di S. Pietro, in origine cappella del palazzo, restaurata nel 1606 per ospitare le spoglie del primo vescovo di Montalto, monsignor Paolo Emilio Giovannini, si affaccia su una delle terrazze panoramiche di Montalto: il Belvedere. Il complesso comprendeva l’antico teatro della Rocca o Teatro de’ Nobili, purtroppo demolito negli anni ’60. Fu centro di attività culturali, ricreative e teatrali, patrocinato soprattutto in tempi più recenti dalla contessa Fanny che molti ancora ricordano. Fanny è stato l’ultimo della linea di famiglia e l’intero edificio, totalmente abbandonato, è stato acquistato dal Comune nel 1990 e in gran parte restaurato con successivi finanziamenti. Attualmente è adibito a manifestazioni e mostre

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  • Monumento

Monumento a Sisto V

Montalto Delle Marche , Marche

All’ingresso del Paese da sud-est, svetta l’opera scultorea in bronzo realizzata da Pericle Fazzini e dedicata al più illustre cittadino Montaltese: Felice Peretti Papa Sisto V.
Pericle Fazzini nasce il 4 maggio del 1913 nella vicina Grottammare dove, già da piccolo, assisteva il padre intagliatore nella sua attività, rivelando un precoce talento. Il suo nome viene associato alla famosissima “Resurrezione“, la scultura che troneggia nella “Sala Nervi” in Vaticano. L’opera montaltese, inaugurata il 23 novembre 1986, è stata l’ultima realizzata dall’artista, solo pochi mesi prima dalla sua scomparsa nel 1987.
Il Monumento a Sisto V si caratterizza, oltre che per l’elevata rilevanza artistica, anche per la modernità e l’avanguardia: si tratta infatti di una struttura che ruota su se stessa proiettando il profilo sistino a 360° su panorami sempre diversi durante le ore del giorno.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Palazzo della Signora – Museo Diocesano

Montalto Delle Marche , Marche

Sul lato nord della piazza centrale della Città dedicata a Sisto V, si trova il palazzo della Signora eccellentissima donna Camilla sorella del Papa Sisto V, sulle cui fondamenta verrà in seguito eretto il Seminario. Sulla torretta con l’orologio, a sinistra, possiamo leggere la dicitura ‘Il tempo è moneta’, aforisma dello scrittore tedesco e premio Nobel Thomas Mann; a destra: ‘Prega e lavora’, l’ora et labora di San Benedetto da Norcia e A.M. D.G., Ad maiorem Dei gloriam, frase che si trova per la prima volta nei Dialoghi di San Gregorio Magno e che S. Ignazio di Loyola volle per la Compagnia di Gesù.
Oggi l’ex Seminario è sede del Museo Sistino vescovile di arte sacra, dove sono custoditi preziosi paramenti sacri, artistici oggetti liturgici, reliquiari, dipinti, ritratti dei Vescovi della Diocesi di Montalto; vi sono esposte anche alcune antiche pergamene.

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  • Museo

Il Merletto di Offida e Museo del merletto

Offida , Marche

L’arte del merletto a tombolo costituisce in Offida una tradizione tipicamente femminile che si fa risalire al XV secolo, allorché iniziò a diffondersi presso i ceti popolari, per poi passare alle comunità religiose e alle famiglie aristocratiche intorno al XVII secolo. In particolare fu ad opera delle suore Benedettine, giunte ad Offida nel 1655, che la pratica del merletto acquistò il carattere di massa. I merletti più antichi di Offida che si conoscono sono quelli risalenti al XV secolo che ornano i camici di S. Giacomo della Marca e di S. Giovanni da Capistrano conservati dai monaci di Monteprandone (AP). Diversi sono i documenti che testimoniano una considerevole produzione artigianale di merletti offidani attraverso i secoli. E ancora oggi, specie durante la stagione estiva, è uno spettacolo osservare le donne offidane, sedute presso l’uscio di casa, intente al lavoro del merletto a tombolo.

Le lavorazioni più in uso sono: il punto Rinascimento, il punto Venezia e il punto antico.

Dall’estate 1983 il visitatore che giunge ad Offida può ammirare, all’inizio del centro storico, il monumento alle merlettaie, opera dello scultore Aldo Sergiacomi, costituito da un gruppo bronzeo raffigurante una bambina, un’adulta e un’anziana intente a lavorare il merletto.

Esiste inoltre un Museo del merletto che raccoglie i pezzi più pregiati del merletto a tombolo offidano e che ospita ogni anno l’esposizione dei lavori che partecipano al concorso “Il Fusello d’Oro”.
Il Museo del merletto di Offida, nato nel 1995-96 e gestito dalla Cooperativa Oikos in collaborazione con la Pro Loco ed il Comune di Offida, è allestito nell’antico Palazzo Castellotti, in pieno centro, che ospita anche altre raccolte museali. Nelle sette sale, oltre a corredi del Settecento e dell’Ottocento di famiglie nobili e dell’alta borghesia locale, sono esposti alcuni abiti da sera; di particolare interesse un abito di alta moda, disegnato da B. Borzacchini e indossato da Naomi Campbell in una sfilata a Londra nel 1997, realizzato tra l’altro con frange costituite da fuselli in avorio. Di rilievo il fatto che alcuni dei corredi esposti sono stati donati, altri sono solo in prestito da parte di famiglie offidane.
Presso il museo sono stati istituiti e si svolgono corsi di merletto (un corso regionale due anni fa, l’anno scorso un corso della provincia di Ascoli Piceno, entrambi con rilascio di attestati). Tutte le mattine poi sono attivi laboratori didattici per le allieve delle scuole elementari, medie e superiori. E’ allo studio un progetto per la realizzazione di corsi regionali di perfezionamento su tema (pizzo antico, animali fantastici, fiori con petali in rilievo).

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  • Patrimonio culturale Religioso

Santa Maria della Rocca

Offida , Marche

Inizialmente al suo posto si trovava un castello di età longobarda con annessa una chiesa di piccole dimensioni, appartenente a Longino D’Azzone, signore offidano di origine franco-tedesca. Nel 1039 il castello e la piccola chiesa vennero donati all’abbazia di Farfa e quindi entrarono in possesso dei monaci benedettini.
Come testimoniato da un’epigrafe, nel 1330 vennero effettuati dei lavori che prevedevano la demolizione del castello e la costruzione di una chiesa più grande. La chiesetta più antica venne inglobata all’interno di quella nuova, creando così dei corridoi laterali attualmente visibili nella cripta, uno dei quali fu utilizzato come zona di sepoltura a partire dal XVI secolo.
All’interno della cripta, che si estende per tutta l’area del piano superiore, ci sono numerose colonne in laterizio con capitelli smussati agli angoli che sorreggono arcate a sesto acuto e a tutto sesto.
Ancora è conservata una parte degli affreschi, attribuiti al Maestro di Offida, raffiguranti i cicli di S. Caterina di Alessandria, S. Lucia e diversi altri Santi e Vergini in trono.
La chiesa superiore, ad una sola navata, presenta tracce di affreschi che un tempo rivestivano completamente le pareti. Ben conservati sono quelli del catino absidale raffiguranti profeti, angeli musici e Sante Vergini, opera del maestro milanese Ugolino di Vanne. Sul lato opposto una deposizione, una crocifissione ed una Madonna con Bambino e Santo, unico affresco di età rinascimentale, attribuito a Vincenzo Pagani.

Per maggiori informazioni:
http://www.turismoffida.com/santa-maria-della-rocca.html

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  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Mulino di Sisto V – Valdaso

Montalto Delle Marche , Marche

Raro esempio marchigiano di mulino fortificato, situato nel cuore della Valdaso. La sua presenza ed attività è attestata fin dal 1320 ed il suo attuale nome deriva dalla cessione fatta da parte dei Priori nel 1567 al futuro papa Sisto V e alla sorella Camilla, che avrebbero beneficiato delle rendite per cinque anni a scomputo della somma prestata alla Comunità da Camilla Peretti.
La struttura si sviluppa su tre livelli: presenta nel seminterrato ancora le macine impiegate per la lavorazione del frumento, il secondo era adibito a dimora del mugnaio ed il terzo, con regolare merlatura e cammino di ronda a protezione del mulino dagli attacchi dei banditi, fu ricoperto in epoca successiva da un tetto a falde e trasformato in piccionaia.
Durante il Pontificato di Pio VI per alcuni mesi del 1797 vi fu impiantata una Zecca, ma il Mulino riprese poi a svolgere la sua ordinaria attività. Interamente restaurato è oggi destinato a convegni, manifestazioni fieristiche e celebrazioni di matrimoni.

E’ possibile effettuare visite guidate del Mulino di Sisto V su prenotazione; la Pro Loco Lago ‘93 sarà a disposizione per accompagnarvi all’esterno e all’interno di uno dei monumenti più caratteristici dell’intero territorio montaltese!
Per ulteriori informazioni ed aperture contattare:
Alessandra 3201536098
Giuseppe 3284310872

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  • Culturale Materiale - Altro

Teatro Serpente Aureo

Offida , Marche

In origine il teatro si trovava all’interno della Sala Consiliare del Palazzo Comunale e, ancora oggi, non ha una facciata propria, ma si accede ad esso dall’ingresso posto sotto il porticato del Municipio stesso. Fu realizzato nel 1820 su progetto dell’architetto Pietro Maggi e poi rimodernata nel 1862. Presenta una pianta a ferro di cavallo in pieno stile barocco, con 50 palchi distribuiti su tre ordini con loggione e platea. I decori con stucchi ed intagli dorati su fondo verde sono opera di G. Battista Bernardi, offidano (sec. XVIII-XIX), mentre la volta, raffigurante Apollo e le Muse, venne
dipinta da Alcide Allevi (1831-1893). Attorno, otto medaglioni raffigurano i più illustri autori della lirica e della prosa: Pergolesi, Verdi, Bellini, Donizetti, Rossini, Alfieri, Goldoni, Metastasio. Il tutto è dominato da un artistico lampadario con globi di cristallo. Sul palcoscenico si conserva ancora il vecchio sipario con dipinta la leggenda del mitico Serpente d’Oro. Varie le modifiche strutturali succedutesi nel 1900.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Cattedrale di Santa Maria Assunta

Montalto Delle Marche , Marche

Felice Peretti di Montalto, divenuto Papa nell’aprile 1585 col nome di Sisto V, nel novembre 1586 eleva a Diocesi la Città di Montalto e dichiara Cattedrale la Collegiata di S. Maria intus Civitatem.
Per costruire la nuova Cattedrale Sisto V fece addirittura spianare un colle e, per riempirne le fondamenta, si servirà delle pietre vive cavate dal monte.
Il 29 maggio 1589 viene piantata una croce sul luogo in cui sorgerà l’Altare Maggiore. La Cattedrale sorgerà proprio nel punto ideale di saldatura tra il vecchio borgo e la nuova Città progettata dall’architetto Girolamo Rainaldi coadiuvato dal maceratese Pompeo Floriani, quale massima espressione del centro pastorale della Diocesi, monumento e simbolo per un vasto territorio che dai Monti Sibillini va verso la costa adriatica. La posa della prima pietra è del 30 maggio 1589, festa di S. Felice e giorno onomastico di Sisto V, e alla morte del Papa, la sera del 27 agosto 1590, la costruzione aveva già raggiunto il livello della piazza con il completamento delle volte.
Poi i lavori procederanno a stento e sarà determinante il contributo del modenese Girolamo Codebò quinto Vescovo di Montalto. Notevoli apporti alla prosecuzione dei lavori verranno dagli altri Prelati della Diocesi, fino a quando Eleonoro Aronne, Vescovo dal 1847 al 1887, affida il progetto della cupola, torre e portico all’architetto Luigi Poletti di Modena, noto per aver curato la riedificazione della Basilica di S. Paolo fuori le mura a Roma.
Con una superficie di quasi 1800 mq, la Cattedrale si apre sulle quattro vie che oggi vi concorrono. Il portico, progettato dall’architetto Luigi Poletti di Modena e completato sul finire del XIX sec., spezzerà in parte l’originaria prospettiva scenica. Dovendo edificare il tempio partendo da un sito a ripido pendio, viene progettata la chiesa inferiore a croce greca, sostegno di quella superiore a croce latina. La torre ospita un concerto di sei campane: la più antica, del 1263, proveniente dal Convento di San Francesco delle fratte, la più grande, il cosiddetto ‘campanone’, del peso di circa 10 quintali, proviene dalla antica cattedrale S. Maria ad collem.
La decorazione interna è opera di Luigi Fontana di Montesampietrangeli, pittore, scultore, architetto, accademico di S. Luca e acuto osservatore dei grandi maestri del ‘500 italiano. A buona parte della spesa provvide il Card. Carlo Sacconi. Questi, già Nunzio Apostolico a Parigi dal 1853, arricchì la Cattedrale di alcuni pregevoli vasi sacri in argento dorato, dono di Napoleone III. Dedicata all’Assunta, tutto il contenuto pittorico mira alla celebrazione della Vergine; l’intero Cantico del Magnificat è riportato lungo la base delle volte. Nel tamburo della cupola quattro scene bibliche tratte dall’Antico Testamento e nei pennacchi i quattro Profeti maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele. Nella volta della navata centrale, tra gli stemmi del Card. Carlo Sacconi, del Vescovo Aronne e il leone dello stemma sistino a ricordo del Fondatore, sono rappresentate le scene dell’Annunciazione, l’Immacolata Concezione e la Visita a S. Elisabetta. Nelle lunette ai lati dell’Altare Maggiore, a sinistra S. Luca evangelista con il bue, l’animale dei sacrifici che allude alla Passione di Cristo e, secondo la tradizione, l’immagine da lui dipinta della Vergine Maria col Bambino; a destra S. Giovanni che uscì incolume dal calderone di olio bollente durante la persecuzione di Domiziano, con l’aquila che vola più in alto rispetto agli altri uccelli, così come l’Evangelista si distingue teologicamente e misticamente, a simboleggiare l’Ascensione del Signore. Situati tra i due pilastri antistanti l’attuale Cappella della Sacra Famiglia, erano gli stalli dei magistrati, riservati ai componenti della Civica Magistratura quando, in forma ufficiale e solenne, assistevano alla sacra liturgia. Alla Magistratura spettavano onori e distinzioni particolari, regolate da apposito cerimoniale. Nel braccio sinistro del transetto la Cappella di S. Vito martire, Protettore di Montalto dal 26 agosto 1646; in quello destro la cappella del SS.mo Sacramento con un pregevole dipinto raffigurante l’Ultima Cena. Nella chiesa inferiore, è poi possibile ammirare un artistico Presepe permanente, la riproduzione della Grotta di Lourdes e il plastico gruppo in gesso della Deposizione di Cristo dell’artista ascolano Giorgio Paci, nel luogo che Sisto aveva individuato per trasferirvi il Santo Sepolcro di Gerusalemme.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Chiesa di San Filippo Neri

Ripatransone , Marche

La Chiesa di S. Filippo e dell’Immacolata Concezione, ubicata tra via Consorti e via Margherita, fu edificata tra il 1680 e il 1722 su progetto dell’architetto romano Francesco Massari, allievo e collaboratore del Borromini, e portata a termine dall’architetto-pittore Lucio Bonomi che si occupò di curare la sobria immagine finale del tempio.
L’interno presenta una ricca decorazione architettonica in ori e stucchi, opera del milanese Mastro Tobia e del perugino Lorenzo Vibi. La chiesa fu realizzata a croce latina e ad unica navata con paraste corinzie che scandiscono le cappelle laterali centinate con volte a botte e un transetto particolarmente sporgente rispetto alla maggior parte delle chiese oratoriane marchigiane. L’altare maggiore risale al 1843 ad opera di Gaetano Ferri e presenta una statua dell’Immacolata mentre in precedenza ospitava il prezioso dipinto, probabilmente realizzato da Lazzaro Baldi, su disegno di Pietro da Cortona, oggi collocato sul transetto. Nella parte del transetto è possibile ammirare alcune tele di Ubaldo Ricci da Fermo (prima metà ‘700): la cappella dedicata a San Gaetano da Thiene, il San Francesco di Paola e la Madonna col Bambino e San Filippo, pala del monumentale altare in legno dorato della cappella sinistra del transetto.
Nella terza cappella a sinistra si trova l’unico altare marmoreo della chiesa che racchiude alcune reliquie di S. Filippo contenute in urne e in due busti del Santo; nella seconda cappella, eretta nel 1725 dalla famiglia Recco, è rappresentato il Transito di San Giuseppe. La cripta ospita dal 1996 il Museo della Civiltà Contadina ed Artigiana del medio Piceno.

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  • Museo

Museo Civico Archeologico C. Cellini

Ripatransone , Marche

Il Museo Civico Archeologico “Cesare Cellini” di Ripatransone ha sede al pianterreno del Palazzo Comunale, a fianco della biblioteca. Il museo risale all’anno 1877 quando il reverendo Cesare Cellini (1832-1903) donò al Comune la sua vasta collezione di reperti archeologici. Si aggiunsero, poi, altre donazioni di famiglie locali, aumentando notevolmente la raccolta.
Il museo, riallestito circa un decennio fa, può contare su circa cinquemila reperti (compresi i pezzi conservati nel Deposito e quelli di provenienza esterna conservati nella Biblioteca), dei quali soltanto un 10% è stato esposto nelle tre sezioni
(preistorica, protostorica, e romana) che occupano le sette sale dell’attuale spazio espositivo.

Due terzi circa dell’intero materiale risulta appartenere alla pre-protostoria. Molto significativi, in quest’ultimo contesto, appaiono i manufatti metallici e ceramici della civiltà Picena. Il materiale archeologico d’età romana (monete, terracotte, lucerne, sculture, epigrafi) rappresenta quasi un terzo della raccolta museale, nella quale spiccano urne cinerarie cilindriche e sculture provenienti dall’antica Cupra Marittima. La quasi totalità dei materiali archeologici sembra provenire dal territorio ripano che, in età romana, faceva parte del più vasto ager di Cupra Maritima (odierna Cupra Marittima).

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  • Eccellenza Urbana / Centro Storico

Teatro Luigi Mercantini

Ripatransone , Marche

Il Teatro Mercantini venne realizzato a seguito di incarico che venne conferito dal Comune all’architetto ticinese Pietro Maggi nel 1790 per lo studio di un progetto, che prevedesse la realizzazione di nuovi spazi all’interno dell’involucro rappresentato dal trecentesco Palazzo del Podestà. Progettista nativo della Val di Muggio, nei pressi di Mendrisio, si stabilì nelle Marche, al seguito del padre Carlo Maggi: fu molto attivo nella progettazione di architetture civili, in particolare a destinazione teatrale, quali il Teatro Serpente Aureo di Offida ed il Teatro dell’Arancio di Grottammare. Si procedette alla apertura del teatro nel 1824, seppure incompleto dell’ultimo ordine dei palchetti, oltre che del suo sistema di copertura definitivo. In una seconda fase, venne assegnato nel 1837 l’incarico all’architetto Francesco Bassotti, che ne seguì i lavori di completamento fino alla sua apertura definitiva, avvenuta nel 1843: è con la Lucia di Lammermoor del compositore lombardo Gaetano Donizetti che si celebrò una delle più importanti pagine della storia ripana. E’ poi nel 1894 che il teatro venne intitolato al poeta risorgimentale Luigi Mercantini. Gli spazi teatrali sono accessibili dal portico del Palazzo del Podestà, spesso noto come degli Anziani, caratterizzato da una sequenza di archi a tutto sesto su pilastri

in pietra, la cui simmetria è definita da un arco a sesto acuto. La facciata principale del palazzo venne integrata sul finire del XIX secolo da due quinte laterali confermando tendenze neomedievali, con una funzione di profonda caratterizzazione della simmetria ottenuta. Il foyer e la sala, oltre agli ambienti complementari, sono ricavati al livello superiore del palazzo. La sala presenta la tipica pianta a ferro di cavallo, che ricalca l’impostazione planimetrica del Teatro Serpente Aureo di Offida, terminato alcuni anni prima. Forte caratterizzazione della sala è data dal plafone, decorato con motivi floreali e con una serie di medaglioni, alcuni dei quali raffiguranti i volti di Gioacchino Rossini, di Giuseppe Verdi, di Vittorio Alfieri, di Vincenzo Bellini, di Calco Goldoni, ed infine di Pietro Metastasio. Indotto a chiusura nel 2008, è stato recentemente sottoposto a lavori di restauro e adeguamenti impiantistici, i quali hanno permesso di ottenere anche la completa accessibilità ai fruitori diversamente abili. Viene riaperto il 14 aprile 2012 sulle note del Canto degli Italiani, di Goffredo Mameli.

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  • Tradizione

Il carnevale di Offida “Lu bov fint” e “Li Vlurd”

Offida , Marche

La concezione del Carnevale è profondamente radicata nella popolazione offidana, tanto che le feste carnevalesche tendono ad avere un carattere di ritualità, che permea l’intera città.
Il Carnevale offidano si svolge ogni anno secondo un rituale fissato dalla tradizione: inizia ufficialmente il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, e termina il giorno delle Ceneri.

Il giorno della “Domenica degli Amici”, che precede di due settimane il carnevale, la fanfara della “Congrega del Ciorpento” esce rumorosa dal portone del cinquecentesco palazzo Mercolini per annunciare che si è entrati in pieno clima carnevalesco.
Le Congreghe, che hanno lo scopo di aggregare, tra loro, in genere parenti e amici, desiderose di partecipare alla baldoria carnevalesca, iniziano il giro del paese a ritmo di musica sempre più incalzante in prossimità del clou della festa.
Esse hanno un ruolo fondamentale nello svolgimento dell’evento, la mattina del Giovedì Grasso ricevono in consegna, dal Sindaco, le chiavi della città e, da quel momento, il paese è simbolicamente nelle loro mani, così che tra allegria ed euforia le congreghe si impossessano della città.

Seguono i “veglionissimi” del sabato, domenica e lunedì presso Il Teatro Serpente Aureo, la mascherata dei bambini del giovedì grasso, la caccia a “Lu Bov Fint” (il bove finto) del venerdì, la festa in piazza che dura tutto il pomeriggio del martedì grasso che si conclude con la fantasmagorica sfilata dei “Vlurd”.

Persone dei paesi vicini e turisti, per l’occasione, giungono ad Offida, non per assistere da spettatori a sfilate di grandiosi carri allegorici, ma per essere coinvolti in un’autentica festa di popolo dove, quasi attori di rappresentazioni il cui valore simbolico cede più a quello reale delle forze vitali e istintive.

L’ultimo giorno (martedì grasso) di Carnevale tutti in Offida si mascherano, alcuni sbucando da ogni parte con indosso il tipico “guazzarò” (saio di tela bianca con fazzoletto rosso al collo), altri mascherati con costumi più diffusi ma col viso tinto di vari colori, per inondare la piazza e scorrazzare per le strade tra urla, danze, scherzi di ogni sorta e lanci di coriandoli.
Centinaia di uomini e donne mascherati, con lunghi fasci di canne accesi sulle spalle, in fila indiana, tra urla e danze selvagge, percorrono il Corso che sembra uno strisciante serpente fiammeggiante, quindi inondano la piazza principale al cui centro dispongono i “bagordi” ancora in fiamme; le maschere come impazzite corrono a cerchio intorno al falò mentre urla e canti si fondono tra vortici di fumo e miriadi di scintille di fuoco brillanti nell’aria. Quando il fuoco pagano che incendia la piazza con il rito bacchico dei “Vlurd” si spegne, torna sovrano il silenzio, foriero di pace quaresimale.

Il bove finto
Il venerdì grasso, a partire dal primissimo pomeriggio, un rudimentale bove costituito da un’intelaiatura di legno e ferro, coperta da un panno bianco e portato a spalle da un paio di uomini, comincia a girovagare per le vie centrali del paese fino ad arrivare in piazza dove la folla, vestita con il guazzarò, una semplicissima veste bianca e larga una volta usata per i lavori di campagna, istiga il bove con urla e schiamazzi dando origine a movimenti che ricordano molto una corrida. Il caos originato dai cambi di direzione improvvisi, rincorse e urla della folla generano anche momenti di tensione e di panico in genere risolti con ilarità anche grazie all’altro ingrediente fondamentale della festa che è il vino rosso, copiosamente consumato da tutti i partecipanti. Con il buio la stanchezza e l’annebbiamento dettato dalle ripetute bevute, la festa ha termine con la simbolica uccisione del bove al quale vengono fatte toccare le corna su una colonna del palazzo municipale. L’atto finale è una processione del bove morto per le vie del paese cantando l’inno del carnevale offidano.

I Vlurd
Col termine vlurd si indicano dei fasci di canne imbottiti di paglia, di lunghezza variabile, che vengono accesi e portati a spalla da centinaia di uomini e donne mascherati con i guazzarò, lungo le vie del paese la sera del martedì grasso. Il crepuscolo e l’atmosfera ancora medievale del centro abitato, danno a questa processione di fasci incendiati portati da persone mascherate una suggestione particolarissima. La processione disordinata finisce nella piazza centrale dove viene appiccato un grande falò. Fino allo spegnimento dello stesso si dà inizio a balli sfrenati con i quali si determina la fine del carnevale. Vlurd ha un’etimologia comune al termine bagordo, col quale si indicava allo stesso tempo la giostra notturna (quindi legata alla festa, alla gozzoviglia, al bagordo) ed il fascio di canne che tipicamente serviva ad illuminarla.

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  • Museo

Il Polo Museale di Palazzo Bonomi Gera

Ripatransone , Marche

Il Polo Museale di Palazzo Bonomi Gera ospita diverse collezioni. Il percorso della pinacoteca si snoda a partire dal piano terra con la Sala degli Affreschi per proseguire con la Galleria dei Ritratti nel vano dello scalone che collega al piano nobile. La Sala Crivelli è dedicata al grande pittore veneto marchigiano Vittore Crivelli cui si devono alcuni dipinti quali La Madonna col Bambino in trono. Nella Sala Coghetti sono esposti i bozzetti di Francesco Coghetti. La raccolta illustra la produzione dell’artista che elaborò un linguaggio pittorico eclettico.
Nel Salone delle Feste, il cuore architettonico del palazzo, è esposta la collezione di ceramiche che offre agli occhi dei visitatori un’interessante raccolta delle ceramiche Castelli.
La Galleria d’Arte Contemporanea si compone di opere di autori contemporanei quali Pericle Fazzini, Remo Brindisi, Mino Maccari, Renato Guttuso, Ernesto Treccani, Antonio Corpora, Umberto Mastroianni, Emilio Greco.

La concretizzazione del nuovo Museo del Risorgimento “Luigi Mercantini” ha preso avvio intorno alla donazione fatta alla
comunità di Ripatransone dall’onorevole Alceo Speranza che dedicò quarant’anni della propria vita alla valorizzazione del poeta. Gli oggetti sono stati esposti secondo un percorso cronologico. Con il progetto “Il museo di tutti e per tutti” è stato ripristinato il funzionamento dei cassetti tattili e sono state realizzate schede di sala in braille; inoltre, è in attivazione il servizio di visita guidata con interprete LIS (a pagamento).

La Raccolta storico-etnografica è esposta in buona parte nelle teche originarie. La collezione è costituita da circa settecento pezzi, prevede un percorso che illustra le testimonianze dei cinque continenti permettendoci di compiere un viaggio alla scoperta non solo del fascino dell’esotico, ma anche delle tradizioni europee.
La Gipsoteca Gera è dedicata a Uno Gera, donatore del palazzo e di numerosi pezzi dell’attuale pinacoteca. Nella sala sono esposte le opere da lui realizzate. La collezione espone interessanti bozzetti di studio, tra i quali si notano la serie del fanciullo, piacevoli oggetti in bronzo e statue diverse.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Cattedrale Basilica dei Ss. Gregorio e Margherita

Ripatransone , Marche

La Cattedrale Basilica, costituita da tre chiese, è intitolata ai Santi Gregorio e Margherita. Costruita su disegno del modenese G. Guerra, tra il 1597 e il 1623, fu poi modificata con l’aggiunta del tiburio ottagonale nel 1786, della facciata risalente al 1842 e dell campanile, innalzato tra 1884 e 1902, su progetto dell’architetto pontificio F. Vespignani, caratterizzato sulla sua vetta dalla statua in rame del Redentore realizzata nel 1901 dalla fonderia Luigi Del Bo di Milano. L’interno, a tre navate e a croce latina, è caratterizzata dalle decorazioni pittoriche dei fratelli Michelangelo e Marcantonio Bedini risalenti alla fine degli anni 50.
Nella visita si possono ammirare: il seicentesco pulpito ligneo, opera di D. Bonfini da Patrignone, in cui il motivo dominante è costituito dagli elementi dello stemma di Ripatransone, alternato a pannelli raffiguranti i 5 misteri gloriosi. Anche la decorazione del tiburio risulta molto ricca, agli angoli sono dipinti i 4 evangelisti mentre nella parte superiore, su sfondo dorato, sono rappresentate le 4 virtù cardinali. Il presbiterio, presenta un altare in marmo del Poscetti di Roma, mentre sulla parete di destra un dipinto rappresentante S. Gregorio Magno (sec. XVII) e, a sinistra, la Natività (sec. XVIII).
La sedia vescovile è anch’essa opera del Bonfini. Nell’abside si possono ammirare un coro ligneo realizzato da Agostilio Evangelisti (1620), l’imponente statua di S. Gregorio Magno e il complesso pittorico del Bedini. L’organo liturgico è opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido (1783); fu costruito in origine per la Chiesa della Maddalena dei Frati Minori Osservanti da dove fu poi traslocato insieme alla cantoria nel 1812. Tra le numerose opere custodite nella cattedrale sono da annoverare anche: il Crocefisso ligneo policromo donato, secondo la tradizione, da papa Pio V nel 1571, opera probabilmente di Giovan Battista Casignola di Como, l’Altare in legno, opera di M. Angelo Ripano (sec. XVII), la Pala d’altare, opera di Orazio Gentileschi (sec. XVI-XVII), tre tele, tra cui quella raffigurante la Madonna col Bambino, S. Pietro, S. Rocco, S. Antonio da Padova e S. Giovanni Battista, opera di Simone de Magistris di Caldarola (1579), la Tela d’altare rappresentante Carlo Borromeo attribuita al Turchi detto l’Orbetto (1623) e la Pala d’altare opera di S. Ciannavei di Ascoli Piceno( XVIII-XIX).

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  • Borgo

Borgo di Castello di Serravalle

Valsamoggia , Emilia-Romagna

Castello di Serravalle è un piccolo borgo medievale situato nella splendida cornice dei colli bolognesi. Da sempre, terra di confine, fu conteso innumerevoli volte da molte popolazioni: prima dai Longobardi e dai Bizantini, poi dai modenesi e dai bolognesi.
Il borgo medievale sorse tra l’ VIII° e il IX° secolo d.C. Esso si presentava ben diverso da come è oggi: molto più piccolo, era costituito da due costruzioni affiancate e separate dalla strada che lo attraversava; al centro del castello era presente il cortile d’arme, comune in tutti i castelli.
Si racconta addirittura, che nel 800 d.C Carlo Magno, nel suo viaggio verso Roma, sostò a Serravalle una notte con i suoi armati.
Da sempre luogo strategico, situato sul confine su una delle due strade esistenti all’epoca, fu conteso per tutto il medioevo fra Bologna e Modena. Nel 1200 passò sotto i bolognesi che lo riedificarono nel 1227 costruendo la rocca, le mura e il fossato. La strada principale del borgo ripercorreva l’antica strada romana e per accedere al castello bisognava passare un ponte levatoio e attraversare il mastio. Al piano terra della torre, su di un bassorilievo del portone, è scolpito il “custode del castello” che tiene in mano la chiave simbolo del possesso; questa figura era particolarmente simbolica perché se i nemici fossero arrivati a vederlo, avrebbe voluto dire che il castello era caduto in mano ad essi, essendo il mastio l’ultimo baluardo. Le mura seguivano la strada principale, attorno ad essa nacquero i primi edifici, la chiesa e la casa del comune del 1235. Quest’ultima fu fatta edificare da Jacopino di San Lorenzo in Collina, primo capitano di Serravalle e della montagna che si conosca in Italia. Egli abitava in questo edificio e amministrava il borgo. In caso di pericolo radunava il popolo nell’Arengo, cioè la piazzetta davanti ad esso.
L’antico cortile d’arme si trasformò in un porticato, attraversato dalla strada principale e utilizzato come luogo di ritrovo e di mercato e, in caso di assedio, come riparo per i cavalieri.
Nel 1288 Serravalle fu elevato al rango di podesteria, e il podestà ebbe sotto il suo potere tutti i comuni delle vallate del Samoggia e del Lavino.
Nel 1316 il castello fu dato in custodia alle società del Grifone e dei Falegnami di Bologna.
Nel XIV° secolo venne costruito l’ultimo giro di mura , che seguivano l’andamento del crinale della collina e all’interno di esse furono edificate nuove costruzioni, tra le quali torri, case e strutture difensive.
Nel 1304 venne eretto il Cassero che è tutt’ora, l’accesso principale al castello e la strada cambiò perciò direzione. Il Cassero si presenta come una torre senza coperto, in modo che dall’alto dei camminamenti e dei merli i soldati potessero controllare il passaggio di cose e persone.
Nel 1325 la guerra tra Modena e Bologna culminò con la battaglia di Zappolino, divenuta famosa dal poema tragicomico della “Secchia rapita” scritto da Alessandro Tassoni nel 1600. Questa battaglia fu combattuta a pochi chilometri da Serravalle nei prati di Soletto e Parviano. Della terribile battaglia si contarono circa 3000 tra morti e feriti e 2000 prigionieri da parte bolognese, i modenesi ebbero modeste perdite; questa fu una delle più grandi battaglie campali del medioevo e la più famosa fra Modena e Bologna.
Terminò così la periodica occupazione dei Visconti e il territorio di Serravalle divenne possedimento dello Stato della Chiesa fino all’anno dell’unità d’Italia.
Nel 1453 con la caduta dell’impero Bizantino, finì l’era del medioevo. In questo periodo i castelli furono smantellati e Serravalle subì la stessa sorte ma, nel 1527, i Lanzichenecchi, mercenari provenienti dalla Germania, scesero in Italia saccheggiando le città italiane. In quell’anno il Legato Pontificio Pirro Buttiglieri fece riedificare la rocca e le mura.
Nel XIX° secolo con le riforme napoleoniche, nacque l’odierno comune, e Serravalle acquisì il nome di “Castello di Serravalle” e il capoluogo si spostò a Castelletto.

L’accesso principale e storico al Castello avviene attraverso il Cassero, una doppia porta merlata in cui si intravedono ancora i segni di un ponte levatoio che denotano la presenza di un fossato oggi non più presente. La cinta muraria del 1235 che da qui partiva, era lunga ben 500mt, oggi solo una parte di questa importante fortificazione è ancora visibile. Sul fianco sinistro del Cassero troviamo la Rocca con una possente torre che si introduce all’interno del borgo che si sviluppa su due vie che formano una specie di elisse (vedi foto della piantina a sinistra). Iniziando a percorrere la via sulla sinistra, ritroviamo l’area dell’antico castello, oggi rappresentato dal Palazzo Boccadiferro, edificio molto lineare dalla facciata cinquecentesca.

Proseguendo lungo questa via, sulla sinistra si nota la presenza di un lungo muro che nasconde il giardino pensile del castello, mentre a destra troviamo diversi importanti edifici. Subito appare la chiesa di San Pietro in posizione più elevata rispetto al resto del borgo. La chiesa fu completamente ricostruita nel 1689 perché quella originaria era troppo piccola per la comunità. La facciata in stile romanico di mattoni rossi è decisamente più recente e non in tono con il resto degli edifici circostanti. Sul fianco destro della chiesa c’è un piccolo giardino dove è presente una curiosità, una vite millenaria dipinta di blu.

Subito dopo la chiesa ecco apparire il Palazzo del Capitano, figura chiave della realtà locale, il Capitano da qui amministrava la giustizia secondo le leggi emanate dal senato bolognese, oggi l’edificio è sede dell’Ecomuseo della Collina e del Vino (Serravalle fa parte del circuito “Città del Vino”). Sul fianco della casa e ben visibile, si erge una massiccia torre campanara risalente anch’essa al XIII secolo.

Continuando sempre sulla via principale, ritroviamo alcuni edifici del borgo (oggi uno di essi è un ristorante) che conducono alla parte posteriore del borgo che ha perso in buona parte la sua connotazione antica, attualmente è presente un giardinetto e di un parcheggio auto. Da qui, sulla sinistra, si può imboccare il secondo vicolo del borgo che ci porterà nuovamente al Cassero (ingresso del borgo).

All’angolo tra la piazzetta e il vicolo si erge un edificio con una torre colombaia e rodoniana tipica dell’Appennino emiliano. La funzione era quella dell’allevamento di colombi e rondoni a scopi alimentari. Una targa esplicativa, posta sull’edificio, descrive come avveniva l’allevamento di questi uccelli.

Proseguendo su questo vicolo, incontriamo una piazzetta con edifici recenti e/o ristrutturati, una recente e bruttissima torre per l’acqua potabile, un antico pozzo (visibile solo la parte esterna) e un piccolo orto (apparentemente abbandonato) che si ispira a quelli che erano presenti fin dalle origini del borgo.

Da qui si prosegue fino al Cassero costeggiando altri edifici in pietra che riprendono, almeno nell’aspetto, quelli originali del borgo.

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  • Borgo

Borgo di Ripatransone

Ripatransone , Marche

Alta sul colle tra le valli del torrente Menocchia e del fiume Tesino, Ripatransone sorge in una posizione panoramica tanto bella da meritarsi il titolo di “belvedere del Piceno”. Aderisce all’Associazione Nazionale Città dell’Olio e Città del miele e vanta la Bandiera Arancione. L’attrazione più nota è il Vicolo più stretto d’Italia, così piccolino da non avere nemmeno un nome: si tratta di una viuzza che rispetta tutti i canoni per essere considerata un vicolo (pavimentata, percorribile e con almeno una finestra o una porta che vi si affacci) ma che è larga solo 43 cm!
Costruita e più volte rinforzata tra il XII e il XVI secolo, la cortina muraria di Ripatransone è una delle più ricche e articolate delle Marche. La lunghezza del suo perimetro è di 2.418 m. e include: il complesso delle Fonti, Porta Cuprense, Porta San Domenico, Porta d’Agello, Porta di Monte Antico, Torrioni con merlatura ghibellina. Il centro storico vanta edifici di epoca medievale, rinascimentale e barocca.

All’interno del borgo, corso Vittorio Emanuele II e le piazze che su di esso si raccordano si caratterizzano per la presenza di significativi monumenti. La Cattedrale, innalzata nel 1597 ma completata nel 1623, cui furono aggiunti nel 1902 la torre campanaria con sulla cima una statua del redentore in rame dorato, alta 7 metri. Al suo interno ritroviamo custodite statue e tele seicentesche e due santuari a sé stanti: la Cappella della Madonna di San Giovanni e la Cripta della Misericordia e della Morte. Il Palazzo Comunale, fu costruito nel XIII secolo e rimaneggiato più volte fra Cinquecento e Ottocento: nel paramento murario esterno gli archi della quattrocentesca Loggia degli Anziani sono visibili due affreschi di Giacomo da Campli, la Madonna del Latte e la Maddalena.
Il trecentesco Palazzo del Podestà, uno dei palazzo pubblici meglio conservati delle Marche, dove è stato ricavato, nel 1824, il Teatro Comunale Mercantini, che presenta la tipica pianta a ferro di cavallo e un plafone, decorato con motivi floreali e medaglioni con i ritratti di Rossini, Verdi, Alfieri, Bellini, Goldoni e Metastasio. Particolarmente interessanti sono: il Museo Civico, ospitato nel Palazzo Bonomi-Gera che si compone di cinque raccolte: la pinacoteca, con un ricco patrimonio di opere importanti di Vittore Crivelli e di Vincenzo Pagani; la Gipsoteca Uno Gera; il museo storico etnografico; il Museo storico risorgimentale Luigi Mercantini e una galleria d’arte contemporanea. Da visitare inoltre il Museo archeologico, che conserva numerosi reperti preistorici, piceni e romani, provenienti dal territorio comunale e dell’antico Ager Cuprensis; il Museo della Civiltà Contadina e Artigiana, che documenta la tradizione rurale del paese, e il Museo del vasaio, annesso a un laboratorio di produzione, con oltre ottocento manufatti in terracotta fra cui i tipici fischietti chiamati cuchi.
Nel territorio di Ripatransone si producono olio extra vergine di oliva e vini DOC, quali il Falerio dei Colli Ascolani e il Rosso Piceno Superiore. Da gustare è il ciavarro, zuppa di legumi e cereali con condimento piccante. Le manifestazioni più importanti che hanno luogo nel corso dell’anno sono: il Cavallo di Fuoco, una rievocazione storica che si tiene ogni anno nel giorno dell’Ottava di Pasqua e la Festa della Maddalena, patrona della città, che si svolge a luglio con iniziative religiose e civili.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Chiesa Parrocchia Santa Felicita

Colli Del Tronto , Marche

custodisce la tela del pittore Ferdinando Cicconi (1831-1896), cittadino di Colli. Fu realizzata nel 1796 su disegno dell’architetto Pietro Maggi

di Milano e documenta i criteri costruttivi delle fondazioni francescane nell’Ascolano del primo ‘500 e quelli con cui fu rinnovato nel ‘700 l’ex convento dei Cappuccini.

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  • Borgo

Abbazia di Monteveglio

Valsamoggia , Emilia-Romagna

Sulla sommità di una collina della valle del Samoggia sorge l’Abbazia di Monteveglio, una delle abbazie in stile romanico più antiche della diocesi bolognese.
L’Abbazia di Monteveglio, sorge sulla sommità di una collina che domina la valle del Samoggia, e si trova all’interno dell’antico borgo medievale fondato da Matilde di Canossa nel XI secolo. Per raggiungerla si arriva a Monteveglio, storica località della Valsamoggia, e si percorre Via Abbazia fino a ritrovarsi davanti all’entrata del Borgo (coordinate 44.467984177379634, 11.090576897505544), lasciando la macchina nel parcheggio a lato della strada.

All’odierno abitato si accede attraverso una porta ad arco, ciò che rimane delle antiche fortificazioni del borgo. Sopra la porta ad arco, infatti, si notano ancora le asole di sollevamento del ponte levatoio e il camminamento di ronda che sovrasta un breve tratto delle mura. Sulla destra, subito dopo l’ingresso, si trova la torre trecentesca, recentemente restaurata. Adiacente alla torre si trova l’antica Casa di San Benedetto, per secoli sede dell’oratorio e della confraternita di Santa Maria delle Rondini. Alla sinistra del portale d’ingresso si scorge invece la torre campanaria, di aspetto seicentesco, che aveva la funzione di richiamo per l’arengo della comunità. Si incontra successivamente l’oratorio dei santi Rocco e Sebastiano, piccolo edificio religioso eretto dagli abitanti durante l’epidemia di peste del 1631 e restaurato alla fine dell’Ottocento.

Proseguendo lungo la strada che attraversa il borgo, troviamo la chiesa, dedicata a Santa Maria Assunta, le cui origini sono antichissime: venne costruita infatti nel ‘400, ma le forme attuali risalgono al periodo tra il XI e il XII secolo. L’intero complesso è stato restaurato tra il 1925 e il 1934 dall’architetto Giuseppe Rivani. La chiesa presenta un presbiterio, che si erge sopra alla cripta, ed è a tre navate. L’acquasantiera, posta nella navata di destra, è di epoca longobarda e, nella navata centrale, per accedere al presbiterio, si accede da una scala in stile barocco. L’altare ha cinque colonne ed è stato realizzato in marmo rosso di Verona. Ai lati del presbiterio vi è una struttura lignea in noce che ospita il coro. Nella cripta, posta al centro, vi è una pietra tombale. L’area è suddivisa in quattro campate di colonne e pilastri con tre altari posti nei tre absidi.
Attorno alla chiesa si sviluppa il complesso monastico.

Appena eretto, il monastero fu assegnato ai Canonici regolari di San Frediano di Lucca, antica congregazione monastica di regola agostiniana nata intorno al 556. I Canonici Regolari di San Frediano di Lucca arrivarono a Monteveglio tra il 1092 e il 1100 e rimasero all’incirca fino al 1450. Dopo il 1455 l’abbazia venne affidata ai Canonici Lateranensi di San Giovanni in Monte di Bologna, che provvidero ad abbellire questi luoghi con nuovi arredi e decorazioni, fra le quali un dipinto di Lorenzo Costa raffigurante l’Assunta, ora conservato presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna.

Nei secoli successivi il monastero acquistò una notevole prosperità economica, fino a possedere gran parte del territorio parrocchiale. Nella seconda metà del Novecento l’abbazia fu, per breve tempo, abitata dalla comunità di Don Giuseppe Dossetti, figura religiosa e politica di grande rilievo storico. Oggi, l’abbazia è tenuta dai francescani dell’ordine dei Fratelli di San Francesco.

Il Borgo Medievale è sempre aperto al pubblico. Per visitare l’abbazia è necessario contattare i Fratelli di San Francesco all’indirizzo email fratimonteveglio@gmail.com oppure al numero di telefono 051 6707931. La Chiesa è aperta tutti i giorni dalle 6:30 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 19:30. Mentre il chiostro interno è visitabile soltanto la domenica e i festivi dalle 15.00 alle 17.00.

Per informazioni generali contattare: UIT Colli Bolognesi
Tel. + 39 366 8982707 – info@visitcollibolognesi.it
Lunedì – Mercoledì-Giovedì e Venerdì 14.30-19, Sabato 9.00-13 e 15-18, Martedì e Domenica Chiuso
Fonti: volume “Le valli del Lavino e del Samoggia nella storia”

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  • Borgo

Borgo di Colli del Tronto

Colli Del Tronto , Marche

Colli del Tronto sorge su un territorio di antichi insediamenti, come attestano le scoperte di manufatti litici, la necropoli picena, le tombe romane. La più antica denominazione fu quella di “Castrum Fanum”. Dal 400 d. C. fu celebre S.Felice ad Octavum, all’ottavo miglio dal campidoglio di Ascoli. Affascinante è la costruzione della chiesa di S.Felicita, che custodisce la tela del pittore Ferdinando Cicconi (1831-1896), cittadino di Colli. Fu realizzata nel 1796 su disegno dell’architetto Pietro Maggi di Milano. La chiesa documenta i criteri costruttivi delle fondazioni francescane nell’Ascolano del primo ‘500 e quelli con cui fu rinnovato nel ‘700 l’ex convento dei cappuccini. Ha dato i natali anche al musicista Antonio Lozzi (1871-1943).
Colli del Tronto ha una stazione ferroviaria : è una fermata ferroviaria posta sulla linea Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto. Serve il territorio comunale di Colli del Tronto.

Attrazioni: Di origine antichissima, Colli era formata da 5 “ville”. Di queste, quella di Casaregnano reca ancora nel toponimo l’influenza della sua probabile origine romana. Centro importante, era sovrastato da un castello totalmente distrutto successivamente. Molti studiosi e ricercatori voglione che qui avvenne la battaglia in cui Pirro sconfisse i romani. Nel XVI secolo si hanno notizie della ripresa del paese che nel 1800 amministrò, per ordine del comune di Ascoli, anche Castel di Lama.

Nel 1812 venne aggiunto poi il paese di Pagliare(oggi Spinetoli). Un tempo Colli andava nota per i “carradori” che costruivano eleganti e solidi carri agricoli, arricchiti da semplici e aggraziate istoriature. Realizzavano anche strumenti per l’agricoltura, rinomati per la solidità.

Chiesa parrocchiale realizzata nel 1796 dall’architetto Pietro Maggi. Al suo interno si conserva una tela del pittore Ferdinando Cicconi.

Chiesetta di S. Cristina col caratteristico campaniletto a vela.

Villa Panichi con la bigatteria ottocentesca, Villa Ercolani nel centro storico, Villa Mastrangelo, Villa Spreca e Villa Fonzi.

Patrono di Colli del Tronto è :
Santa Felicita Martire – 7 marzo

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  • Termale

Terme di Acquasanta

Acquasanta Terme , Marche

Ricco complesso attrezzato per cure termali, fisioterapia e riabilitazione in acque sulfuree, il centro Terme di Acquasanta è una delle strutture mediche più efficienti della regione, dove la presenza di una convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale e di un lussuoso Hotel termale garantiscono agli ospiti della struttura il massimo confort necessario al processo di cura.

Il suo stesso nome deriva dalla presenza nel sottosuolo di acqua termale solfurea, salsa, solfata che alimenta i reparti di cura dello stabilimento dove vengono praticati fanghi, bagni, cure inalatorie, docce nasali e insufflazioni endotimpaniche utilizzando acqua solfurea, salsa, solfata.

Le acque termali delle Terme di Acquasanta scaturiscono circa 16 metri sopra il letto del fiume Tronto, alla temperatura di 38,6°C, da una serie di grotte.
Le principali patologie curate sono:

Patologie dell’apparato locomotore
Patologie dell’apparato respiratorio e allergie
Inestetismi della pelle, cellulite, patologie dermatologiche
Patologie del ricambio (disturbi del metabolismo, diabete, alterazioni della presenza di grassi nel sangue)
Patologie dell’apparato gastro-intestinale / gastroenterico
Patologie dell’apparato genitale e riproduttivo, malattie ginecologiche
Patologie del sistema muscolare
Patologie otorinolaringoiatriche (orecchio, naso, gola)
Patologie dell’apparato scheletrico

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  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Acquasanta Terme: Fortezza di Castel di Luco

Acquasanta Terme , Marche

Una bolla di Papa Leone IX datata 1052 testimonia già a quell’epoca l’esistenza di questo raro e singolare castello del Piceno che conserva quasi intatta la sua struttura medioevale.
Sulle origini del castello sono state formulate diverse ipotesi: la più accreditata é quella del Colucci, storico marchigiano del ‘700, il quale riteneva che Luco (dal latino lucus) fosse anticamente un bosco sacro nelle cui ombre erano celebrati orrendi riti pagani. Il castello, quindi, sarebbe stato eretto, nel mezzo di quel bosco, proprio sopra il poggio di travertino dove probabilmente erano situati gli altari sui quali venivano eseguiti i sacrifici. Notizie certe dell’esistenza del castello si hanno invece, a partire dall’XI secolo come testimonia una bolla di Papa Leone IX, datata 1 Luglio 1052 e conservata nell’archivio della cattedrale di Ascoli, in cui si legge che il vescovo Bernardo Il ne aveva il dominio insieme ad altri castelli della zona.

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  • Borgo

Borgo di Montalto delle Marche

Montalto Delle Marche , Marche

Il comune di Montalto delle Marche è sito nella fascia collinare che va dalla costa Adriatica alla Catena dei Sibillini, ad una distanza percorribile in venti minuti, sia dal mare che dalla montagna. Il territorio era frequentato già nella preistoria e, infatti, il Museo Archeologico ospita numerosi reperti del neolitico (6.000 a.c.) e della cultura appenninica (2.500 a.c.), picena (VII sec. a.c.), romana e di epoche successive.
Nel 1215 San Francesco d’Assisi, secondo la tradizione popolare, sceglie questo territorio per diffondervi la sua Regola, fondando nella pace di un bosco secolare il Convento delle Fratte, ricco di affreschi di scuola giottesca.
In questo convento compirà i suoi studi Felice Peretti che, eletto Papa nel 1585 con il nome di Sisto V, darà a Montalto il titolo di Città. Durante il suo secondo anno di pontificato (1587), donò alla sua “patria carissima” il Reliquiario con Imago Pietatis e Scene della Passione (detto “Reliquiario di Montalto”), oggetto di straordinario valore artistico. Esso, realizzato in oro e pietre preziose, è conservato presso il Museo Sistino Vescovile. Alcuni dei privilegi concessi dal pontefice permisero a Montalto di divenire non solo un centro culturale ed artistico attivo e ricco di interesse per le opere qui conservate, ma anche di mantenere alcuni privilegi fino all’Unità d’Italia.
A Montalto delle Marche nacque l’architetto Giuseppe Sacconi, conosciuto soprattutto per essere stato il progettista dell’Altare della Patria a Roma. Il suo studio è stato ricostruito nella Pinacoteca Civica della città.
Interessanti sono altresì il Museo delle carceri, dove sono presenti graffiti e disegni dei reclusi sulle pareti delle celle e al cui interno è installato un impianto fonico attraverso il quale è possibile ascoltare storie autentiche dei carcerati drammatizzate da una compagnia teatrale, ed il museo L’Acqua, la Terra, la Tela, entrambi presso la sede municipale (lesionata dal terremoto del 2016).
Le frazioni che attualmente costituiscono il comune di Montalto sono Montalto/Sistina, Patrignone, Porchia e Valdaso. In frazione Patrignone la Porta del Borgo porta l’epigrafe di Re Manfredi. Il centro medievale ben conservato fu patria di Antonio Bonfini, umanista di fama internazionale, primo storico della nazione ungherese. Di particolare pregio la Chiesa romanica di Santa Maria in Viminato contenente affreschi dei sec. XIV, XV, XVI.
Nella frazione Porchia, il Torrione risale al XIV secolo; frammenti del passato medievale si colgono in tutta la struttura del paese. Si possono ammirare una pregevole tavola del Pagani e una stupenda Natività del XV secolo affrescata nella Cripta della Chiesa di Santa Lucia. A Valdaso l’alternarsi geometrico dei frutteti con i campi coltivati ad orto dà al paesaggio il carattere di un’umanizzazione totale. Il torrione dell’antico mulino di Sisto V spunta imponente tra i coltivi

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  • Borgo

Crespino del Lamone

Marradi , Toscana

Piccolo borgo del comune di Marradi attraversato dal fiume Lamone e circondato da boschi freschissimi. La località è anche denominata “paese dell’acqua buonan e delle fontane”. Nella pioazzetta si trova l’Abbazia vallombrosana di santa maria (XI secolo) e il Tempio ossario in ricordo della 42 vittime dell’eccidio perpetrato nel luglio 1944

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  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Palazzo Barozzi (propriamente: Contrari-Boncompagni)

Vignola , Emilia-Romagna

PALAZZO CONTRARI BONCOMPAGNI DETTO BAROZZI A VIGNOLA

E’ un elegante palazzo rinascimentale quasi del tutto integro nella sua morfologia. Fu costruito negli anni 1560-67 circa, su ordine di Ercole Contrari il Vecchio (feudatario di Vignola) su progetto del grande architetto vignolese Jacopo Barozzi detto il Vignola; per questo iI palazzo è conosciuto anche come Palazzo Barozzi.

Un palazzo rinascimentale con una scala che sfida le regole dell’architettura

Il Palazzo Contrari-Boncompagni sorge nella piazza antistante la Rocca di Vignola. Esso venne fatto erigere per volere del conte Ercole il Vecchio Contrari come nuova dimora signorile per la famiglia, affidò la sua costruzione al “magistro/muratore” Bartolomeo Tristano di Ferrara su progetto del grande architetto vignolese Jacopo Barozzi detto il Vignola; per questo il palazzo è conosciuto anche come Palazzo Barozzi.

Con l’esaurirsi della famiglia Contrari, alla morte avvenuta nel 1575 di Ercole il giovane Contrari, il Palazzo insieme al resto del feudo, viene acquistato nel 1577 da Giacomo Boncompagni che ne curerà il completamento, la famiglia Boncompagni rimarrà proprietaria del Palazzo fino al 1949 quando decise di venderlo alla Parrocchia di Vignola.

Il palazzo ha un corpo di fabbrica di pianta leggermente rettangolare a cui sono annesse due ali laterali; quella di sinistra contiene la famosa scala a chiocciola. Si sviluppa su quattro piani: il piano interrato ed il piano terra rialzato erano destinati alle cucine, agli approvvigionamenti e all’andamento della casa; il piano nobile era la parte dove il feudatario viveva e riceveva, mentre il sottotetto era destinato ad alloggio della servitù.

La scala a chiocciola, unica parte verticale che collega i vari piani del palazzo, è totalmente aerea e sostenuta soltanto da una colonna, situata nel bellissimo seminterrato e dal muro perimetrale dove sono “incastrati” i gradini autoportanti. Progettata come il resto del palazzo da Jacopo Barozzi, presenta una straordinaria forma elicoidale ed è un capolavoro architettonico di altissimo livello. Essa infatti è aerea con un unico pilastro di sostegno posto nel seminterrato ed ognuno dei 106 gradini è autoportante. Questo crea un effetto di vorticosa salita, resa comunque piacevole dall’armoniosa spirale, dalle tre aperture che regalano una splendida vista sul territorio di Vignola e dagli affreschi che decorano le pareti della scala.

Recentemente è stato eseguito un restauro che ha interessato il seminterrato (attualmente visitabile), che ospitava le cantine, la cucina, due pozzi, il forno e il primo ciclo della scala elicoidale autoportante del Barozzi. Tra i diversi ambienti recuperati nel piano interrato, è stata ricavata una splendida sala conferenze.

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  • Borgo

Savignano sul Panaro – Borgo Medioevale

Savignano Sul Panaro , Emilia-Romagna

Comune si Savignano sul Panaro

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  • Culturale Materiale - Altro

Villa Edvige Garagnani

Zola Predosa , Emilia-Romagna

La villa è oggi Polo Culturale, sede dell’ufficio informazione turistiche (UIT) Colli Bolognesi (https://www.visitcollibolognesi.it/) e del Centro Studi Ville Bolognesi (https://www.villebolognesi.it/), grazie a un progetto di riqualificazione finanziato dall’Unione Europea insieme al vicinissimo Parco Giardino Campagna, polmone verde al centro della città. Villa Garagnani è anche cuore pulsante della cultura enogastronomica rappresentata dal Punto del Gusto (https://www.villagaragnani.it/punto-gusto), e dalla sede del Consorzio del Pignoletto (www.consorziopignoletto.it) per la promozione del noto vino doc dei nostri Colli, una delle principali eccellenze del territorio insieme alla celebre Mortadella Bologna (https://mortadellabologna.com/).
La villa ospita anche uno spazio di coworking ed è utilizzabile per eventi.

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  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Antica Rocca di Carmignano

Carmignano , Toscana

Il bastione detto “Rocca” o Castello di Carmignano è citato per la prima volta nell’anno 998, in un documento d’Ottone III di Sassonia che ne conferiva la proprietà al vescovo di Pistoia. La Rocca fu oggetto di lotte continue fra Pistoia, Firenze e Prato, per la sua posizione strategica nel contesto politico-militare del Medioevo. Alla Rocca di Carmignano si accede con un percorso pedonale (che parte dalla chiesa di San Michele dove è custodita la famosa “Visitazione” di Pontormo) che sale sul colle fitto d’ulivi, da dove si gode un bellissimo panorama del Montalbano. Delle mura medievali intorno alla Rocca rimangono pochi resti, in parte ricostruiti come il Campano, con la cella campanaria e orologio, mentre al centro sorge un torrione medievale, chiamato il Maschio della Rocca.

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  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Villa Medicea La Ferdinanda

Carmignano , Toscana

Villa Medicea “La Ferdinanda” o “dei Cento Camini”, dichiarata dall’UNESCO Patrimonio mondiale dell’Umanità nel 2013, fu costruita nel 1596 per volere del Granduca Ferdinando I de ‘Medici, su disegno di Bernando Buontalenti. La Villa si affaccia sui colli e sui vigneti del Montalbano, in posizione dominante sul poggio che già aveva ospitato un’area sacra al tempo degli etruschi. Nelle sale della Villa, nella loggia e nella deliziosa cappella sono ben conservati gli affreschi coevi alla struttura, realizzati da Domenico Cresti detto il Passignano e da Bernardino Poccetti. La Villa è famosa anche per la sua bella scalinata a coda di rondine che dalla Loggia dei Paradisi posa sul giardino in direzione del borgo di Artimino: le due rampe laterali sono un’aggiunta degli anni Trenta del Novecento e furono commissionate dalla Contessa Maraini all’architetto Lusini che le realizzo sulla base di un disegno originale del Buontalenti.

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  • Museo

Museo Archeologico di Artimino

Carmignano , Toscana

Istituito nel 1981 e inaugurato nel 1983 nei sotterranei della Villa Medicea “la Ferdinanda” – grazie alla sinergia del Comune di Carmignano e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana – il Museo Archeologico si propone di illustrare la storia della città etrusca di Artimino e del suo territorio attraverso i reperti rinvenuti nel corso di cinquant’anni di ricerche.
Dalla primavera 2011 il Museo è trasferito nel borgo di Artimino (con ingresso dalla Piazza S.Carlo), negli ambienti delle ex-tinaie, a seguito della necessità di maggiori spazi espositivi e di adeguamenti logistici. Il museo è stato intitolato all’archeologo e già soprintendente “Francesco Nicosia”, tra gli artefici della scoperta della Carmignano etrusca.

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Villanova Mondovì, Piemonte

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Villa Giobatta

Barolo, Piemonte

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Guarene, Piemonte

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Busca, Piemonte

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La Morra, Piemonte

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Guarene, Piemonte

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Saluzzo, Piemonte

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